Il 13 giugno 2018 i carabinieri del nucleo investigativo del comando provinciale, su ordine del gip del tribunale di Roma, Maria Paola Tomasello, hanno arrestato 9 persone, tra politici ed imprenditori, legati al progetto del nuovo stadio della ROMA. Fra gli accusati ci sono l’imprenditore Luca Parnasi, coordinatore di Forza Italia della provincia di Roma, Adriano Palozzi, presidente di Acea e consulente del M5S, e l’ex assessore regionale PD, Michele Civita. I reati contestati sono associazione a delinquere, corruzione, traffico di influenze, frodi fiscali e finanziamenti illeciti.
Ai 9 arrestati si aggiungono ulteriori 16 indagati, tra i quali spiccano il capogruppo pentastellato al Campidoglio Paolo Ferrara, il consigliere comunale Forza Italia Davide Bordoni ed il presidente dell’Ordine degli Avvocati di Roma Mauro Vaglio.
Il progetto iniziale
<p”>Era il marzo 2014 quando il neo presidente della A.S. ROMA, l’americano James Pallotta, ha annunciato l’intenzione di costruire uno stadio nell’area di Tor di Valle. La bozza iniziale del progetto era ambiziosa. Questa prevedeva impianti di nuova generazione, un’arena da 55.000 posti sormontata da impianti fotovoltaici, la costruzione di tre grattacieli (che sarebbero diventati le torri più alte della città) e di un Roma Village. Il piano proponeva soluzioni anche dal punto di vista infrastrutturale, con l’edificazione del Ponte di Traiano, per collegare la Via Ostiense con l’autostrada A91. Tutte le opere, a carico di privati, avevano un costo totale stimato di circa 1 miliardo di euro.
Il sindaco dell’epoca, il democratico Ignazio Marino, si pose a favore del progetto sportivo, incontrando l’opposizione del Movimento 5 Stelle. In particolare, durante le elezioni comunali dell’anno seguente, la candidata pentastellata Virginia Raggi si definì contraria all’edificazione del nuovo stadio.
Una volta eletta sindaca, Raggi cambierà idea sul progetto di Pallotta. Nonostante l’opposizione dell’assessore all’Urbanistica, Paolo Berdini, in seguito dimessosi, la Raggi trovò un definitivo accordo con la società sportiva A.S. Roma a febbraio 2017. In seguito, la trattativa incontrò un nuovo ostacolo nella Soprintendenza dell’Archeologia, delle Belle Arti e del Paesaggio. Questa pose un vincolo sulle tribune di Tor di Valle, definendo l’opera dell’architetto Laufente come unica al mondo e quindi non sottoponibile a modifiche o smantellamento. Il vincolo cadde poi a giugno, quando la giunta capitolina e la società sportiva presentarono il progetto definitivo.
L’inchiesta
I primi sospetti nacquero da una modifica del progetto per la costruzione dello stadio. Questa prevedeva una riduzione della cubatura degli impianti extra-sportivi e l’eliminazione delle tre torri grattacielo. La motivazione ufficiale fu che le strutture sarebbero state incompatibili con il paesaggio capitolino.
<p”>Il costruttore Luca Parnasi, proprietario della società “Eurnova” e responsabile dei lavori, aveva acquisito i terreni dell’area di Tor di Valle, futura sede dell’impianto sportivo. L’operazione da 42 milioni di euro suscitò l’interesse dei magistrati per l’urgenza con cui si verificò: pianificata per il 31 dicembre 2013 ed in seguito anticipata al 25 giugno 2013. Da quel momento Parnasi venne sottoposto ad intercettazioni telefoniche. Dai controlli venne alla luce l’ampia rete di rapporti intrattenuti con l’imprenditoria e con i funzionari della Regione Lazio e del Comune di Roma.
La collusione con la politica
<p”>Per ottenere il nulla osta sui lavori, Parnasi creò una rete di rapporti con il mondo politico regionale. Il costruttore promise a Lanzalone consulenze per il suo studio legale per un valore di 100.000 euro, oltre ad un aiuto personale nell’aprire un nuovo ufficio e nel cercare casa a Roma. Ad inizio 2017, Lanzalone ricambiò al favore mediando con il comune di Roma per sbloccare il progetto, sfruttando la sua influenza sui 5 Stelle. I rapporti con la Regione, invece, erano regolati da Civita, al quale Parnasi aveva promesso l’assunzione del figlio presso una delle sue società.
Il “coinvolgimento” dei 5 Stelle
<p”>Parnasi decise di sostenere la campagna elettorale per l’elezione di Roberta Lombardi (candidata pentastellata) come presidente della Regione Lazio, sperando di ottenere in futuro favori dal Movimento 5 Stelle. Anche grazie a ciò, l’imprenditore entrò in stretto contatto con Ferrara e De Vito, entrambi con ruoli di spicco nell’amministrazione capitolina.
I due interrogatori di Parnasi
<p”>Nel primo interrogatorio di 11 ore, davanti al pm Paolo Ielo, Parnasi ammise la sua collusione con la politica capitolina, indicando in particolare la stretta relazione intessuta con Lanzalone. Proprio verso quest’ultimo i pubblici ministeri riscontrarono l’atto corruttivo, per il suo ruolo di funzionario “di fatto” del Campidoglio. Nonostante ciò, Parnasi confermò tutte le donazioni di denaro ai partiti ed alle associazioni, indicando come i finanziamenti fossero avvenuti in forma regolare.
Il secondo verbale non è ancora aperto al pubblico. Non si esclude che possa aver condotto alla formulazione di un nuovo capo di imputazione. Dalle precedenti dichiarazioni del costruttore emerse, infatti, un nuovo spunto investigativo su un avvocato molto vicino al Movimento 5 Stelle.
La posizione dell’A.S. Roma
Il sostituto procuratore Paolo Ielo si occupò di precisare la totale estraneità alla vicenda sia della società sportiva capitolina che della sindaca Virginia Raggi. Lo stesso James Pallotta comunicò la totale trasparenza della ROMA, esprimendo molta perplessità circa lo stop dei lavori.