Lo schiavismo dei neri è stato per un lungo periodo un elemento fondamentale nell’economia degli Stati Uniti. Questa, infatti, a causa dei residui dell’organizzazione coloniale, dipendeva soprattutto dai prodotti agricoli delle piantagioni. Nei decenni successivi alla Dichiarazione d’Indipendenza, il cotone, il tabacco e simili venivano coltivati negli Stati del sud per poi essere comprati, lavorati e messi in commercio dagli Stati del nord, in un meccanismo di dipendenza reciproca. Nel 1815 la tratta internazionale degli schiavi fu bloccata da quasi tutti i Paesi europei, portando di fatto ad azzerarla. Nonostante questo, nel 1815 quasi nessuno negli Stati Uniti credeva fosse possibile pensare di abolire la schiavitù in America. Solo nel 1830 nasceranno dei veri movimenti abolizionisti.
Indice
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Un’economia fondata sull’agricoltura schiavista
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La vita degli schiavi
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La nascita del movimento abolizionista
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Abraham Lincoln ed il nuovo quadro economico americano
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La guerra di secessione
Un’economia fondata sull’agricoltura schiavista
Prima della colonizzazione dei territori dell’ovest, l’economia statunitense dipendeva in tutto e per tutto dalla piantagioni del sud, che a loro volta si sorreggevano sul lavoro degli schiavi. Quando, dopo il 1815, divenne impossibile comprare nuova forza lavoro dall’estero, i proprietari delle tenute nel sud iniziarono ad incentivare i lavoratori in loro possesso a fare figli. Questa politica si rivelerà più efficace del previsto. Infatti, fra il 1815 ed il 1860, gli schiavi neri negli Stati Uniti passarono da 1,5 milioni a circa 4 milioni.
Oltre ad essere una fonte di forza lavoro gli schiavi erano visti, al sud, come un vero e proprio capitale. Il commercio interno, con i lavoratori neri usati come merce, era molto attivo e florido, soprattutto dopo la fine delle tratte dei negrieri. Con l’espansione ad ovest e la conquista di nuovi terreni, i proprietari speravano di arricchirsi vendendo i loro schiavi in eccesso ai nuovi coltivatori.
La vita degli schiavi
Gli schiavi neri potevano essere sottoposti a pene corporali, erano obbligati ad obbedire a qualsiasi ordine del padrone che non violasse la legge e potevano essere sottoposti a ritmi di lavoro massacranti. Tuttavia, per molti versi, la loro condizione di vita era simile a quella del proletariato operaio dell’Europa e degli Stati del nord. Gli orari di lavoro erano simili ed uccidere un proprio schiavo era comunque illegale.
I neri erano sottoposti anche ad abusi fisici, tuttavia, rispetto agli operai liberi delle industrie, avevano una maggiore disponibilità di cibo. Inoltre, da parte degli schiavisti del sud, per quanto paradossale, c’era più attenzione alla salute dei lavoratori rispetto agli industriali del nord ed europei. Rimpiazzare uno schiavo morto o malato comprandone uno nuovo, infatti, era molto più costoso che assumere un nuovo operaio.
Dal 1815 il flusso di schiavi dall’Africa fu interrotto. I proprietari delle piantagioni del sud misero allora in atto politiche finalizzate a favorire la natalità fra la forza lavoro nera. Questo causò un’esplosione demografica, portando il numero di schiavi a passare da circa 1,5 milioni di individui nel 1815 a 4 milioni nel 1860. In questo periodo, con sempre più lavoratori neri nati negli Stati Uniti, nacque una vera e propria cultura parallela afroamericana. Questa era un’unione fra la cultura statunitense ed elementi dei Paesi d’origine degli schiavi.
I neri liberi
Negli Stati Uniti, soprattutto nel nord, vivevano anche diversi neri liberi. In tutto il Paese, però, questi erano soggetti ad importanti limitazioni dei diritti civili. I neri non potevano svolgere molte professioni, non potevano usufruire di diversi servizi pubblici e non avevano la libertà di votare. Era proibito impartire un’istruzione agli schiavi ed anche alle persone di colore libere era precluso l’accesso alle università ed alle scuole frequentate da bianchi.
Questi aspetti legali, in parte, sopravvivranno in molti Stati USA fino agli anni ’60 del ‘900, quando le leggi razziali americane saranno abolite a livello federale dopo il movimento di protesta pacifica guidato da Martin Luther King.
La nascita del movimento abolizionista
Il movimento abolizionista della schiavitù nacque negli anni ’30 dell”800, con la nascita delle prime associazioni significative che si battevano per la liberazione degli afroamericani. In particolare, a Boston nel 1831 fu fondata la New England Anti-Slavery Society. L’opinione pubblica, sia del nord che del sud, accolse con ostilità il movimento abolizionista nei primi anni. Questo tuttavia, anche se lentamente, acquisì sempre maggiore appoggio, soprattutto negli Stati del nord. Le proteste degli abolizionisti erano quasi sempre pacifiche, i casi di violenza sono stati molto rari.
Abraham Lincoln ed il nuovo quadro economico americano
Nel 1860 alla Casa Bianca fu eletto Presidente il repubblicano Abraham Lincoln. Lincoln aveva una posizione abolizionista moderata e, all’inizio, prevedeva di lasciare che gli Stati del sud impiegassero gli schiavi neri. Dal 1815, però, la situazione economica era cambiata in maniera importante.
Con la sempre maggiore colonizzazione della parte ovest del Paese si era andata ad affermare la figura dei freesoiler. Questi erano una moltitudine di piccoli agricoltori che erano entrati in concorrenza con il sud nel vendere i loro prodotti al nord. Fra i freesoiler non era diffuso l’utilizzo di schiavi.
Lincoln, dopo essere stato eletto, proibì la schiavitù in tutti gli Stati che non la utilizzavano mantenendola solo al sud. Questo, tuttavia, andava già contro in modo grave agli interessi dei grandi proprietari di schiavi. La popolazione di lavoratori neri, infatti, era esplosa ed al sud erano più di quanti ne servissero. Gli schiavisti puntavano, quindi, ad arricchirsi iniziando un commercio di schiavi con gli Stati dell’ovest, possibilità bloccata dall’intervento di Lincoln.
Divergenze oltre la schiavitù
Oltre alla questione degli schiavi, Stati del nord e Stati del sud avevano, nel 1860, interessi divergenti in termini di politica economica. I primi infatti, con un’economia industriale, volevano un maggiore protezionismo per difendere i loro prodotti lavorati dalla concorrenza straniera. Dal sud, invece, volevano una maggiore apertura al mercato internazionale, più proficuo per la vendita di materie prime.
La guerra di secessione
Le tensioni, soprattutto economiche, fra nord e sud sfociarono presto, nel 1861 nella secessione di Carolina del Nord, Carolina del Sud, Mississipi, Florida, Georgia, Alabama, Lousiana, Arkansas, Texas, Virginia e Tennessee dagli Stati Uniti. Questi andarono a fondare gli Stati Confederati d’America. La risposta del governo federale non si fece attendere e, nello stesso anno, ebbe inizio la guerra di secessione americana. Questa causerà circa 600 mila morti e si concluderà nel 1865, con la vittoria del nord.
Dopo la guerra sarà promulgato il XIII emendamento alla Costituzione, che proibiva la schiavitù a livello federale.