Il nome di Conte è venuto fuori durante delle indagini svolte dal Vaticano riguardo alla gestione impropria di fondi provenienti dalla Segreteria di Stato della Santa Sede. Il Premier viene accusato di aver agito in un conflitto di interessi. Vediamo perché, dividendo la questione in due parti.
Parte 1: Mincione e i fondi del Vaticano
Retelit è un’azienda italiana di medie dimensioni che si occupa di telecomunicazioni. Un gruppo di azionisti, Fiber 4.0, ha chiesto di inserire un tale Raffaele Mincione nel consiglio di amministratore: quest’ultimo è l’uomo che è al centro delle indagini del Vaticano. Gli altri azionisti (tedeschi e libici) si sono opposti alla nomina, e quindi Fiber 4.0 ha deciso di ingaggiare un avvocato per risolvere la questione: Giuseppe Conte, che all’epoca ancora non era Premier (parliamo di maggio 2018). Per capire il rapporto con il Vaticano bisogna analizzare la composizione di Fiber 4.0: il principale partecipante è l’Athena Global Opportunities Fund, gestita da Mincione, che avrebbe utilizzato impropriamente milioni di dollari provenienti dalla Segreteria di Stato della Santa Sede per finanziarla. Dunque Conte, essendo stato assunto dalla Fiber, è entrato a contatto indirettamente con il Vaticano, ma non è questa la questione principale.
Parte 2: Conte e la “Golden Share”
Per risolvere la questione, cioè per spingere la nomina di Mincione, Conte suggerisce quindi di utilizzare la regola della “Golden Share“, con la quale lo Stato può intervenire in questioni che riguardo investimenti esteri in aziende che si occupano di particolari settori, come quello bellico e, appunto, quello delle telecomunicazioni. Ciò che fa pensare ad un conflitto di interessi è quello che è successo un mese dopo: Conte è stato eletto come Premier, e il Governo ha emanato un decreto legge con cui viene potenziata questa regola, denominato “Golden Power”.
Le risposte
Salvini sfrutta la situazione per vendicarsi di Conte, richiedendo che il Premier si presenti al Parlamento a riferire riguardo alla questione, esattamente come era stato richiesto a lui con il caso Moscopoli.
La presidenza del Consiglio ha specificato invece che
“per evitare ogni possibile conflitto di interesse, il Premier si è astenuto anche formalmente da ogni decisione circa l’esercizio della golden power. In particolare non ha preso parte al Consiglio dei Ministri del 7 giugno 2018 (durante il quale è stata deliberata la Golden Power), astenendosi formalmente e sostanzialmente da qualunque valutazione. Si fa presente che in quell’occasione era impegnato in Canada per il G7”